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Concordato con continuità aziendale

Concordato con continuità aziendale

Nuovo art. 186-bis Legge Fallimentare

Con la conversione del d.l. 83/2012, la disciplina fallimentare recepisce il nuovo istituto del Concordato in continuità aziendale, prevedendo, da un lato, limiti nell’operatività, ma dall’altro, opportunità agevolative. Le crisi d’impresa, sempre più all’ordine del giorno, mettono la Governace societaria davanti ad un bivio, da un lato la resa incondizionata, con la cessazione dell’attività e dall’altro l’ardita e per alcuni doverosa, strada della continuità. Il nuovo istituto, novellato all’art. 186- bis L.F., fonda la sua ragion d’essere nell’assunto secondo il quale, l’imprenditore, può non esser in grado di soddisfare le ragioni dei creditori, mentre l’impresa, a determinate condizioni, potrebbe avere ancora una sua economicità.

La L.F. nella formulazione dell’art. 186-bis, cerca di spostare il focus dall’imprenditore all’impresa, in netto contrasto con le norme codicistiche, che di fatto privilegiano più l’imprenditore che l’impresa. Questa nuova vision della L.F., con l’introduzione dei nuovi istituti, tenta di gettare luce nuova sul ginepraio normativo, che privilegia, in modo quasi inconciliabile, ora le ragioni dell’imprenditore, quale unico soggetto legittimato all’esercizio dell’impresa, ora le ragioni dell’impresa, con la tutela del suo patrimonio, a salvamento delle ragioni dei creditori. Siamo di fronte ad una atavica dicotomia giuridica, dove l’assolutismo del diritto alla tutela della proprietà privata, si contrappone all’interesse sociale, di cui è certamente impregnata la natura dell’impresa, trovando la summa nel secondo comma dell’art. 41 della Costituzione, dove viene statuito che l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Le ragioni giuridiche a fondamento del nuovo art. 186-bis vanno forse ricercate nello stretto, ma non inscindibile legame, tra impresa e imprenditore, dove quest’ultimo trova legittimazione attiva all’esercizio dell’attività in funzione dell’esistenza di un capitale proprio investito. Quando, come spesso accade nelle crisi d’impresa, questo capitale proprio viene eroso, fino a scomparire, la logica economica dovrebbe sostituirsi a quella giuridica, con il passaggio di testimone dall’imprenditore all’impresa; è in questa condivisibile ottica che si delinea l’istituto della continuità aziendale, dove l’impresa, pur in crisi, sopravvive al proprio imprenditore, anch’esso in difficoltà, ricorrendone ovviamente le condizioni economiche. Nella valutazione se intraprendere o meno la strada del concordato in continuità, è elemento cardine l’esistenza delle condizioni di economicità, la cui analisi deve prendere le mosse del conto economico, individuando le ragioni della crisi e valutando in modo prospettico la percorribilità della strada tracciata dal legislatore con il nuovo art. 186-bis L.F.

Roberto Di Carlo